Unità e dualità nell’esperienza della gravidanza: per un’ermeneutica del corpo materno

Autori

  • Ilaria Malagrinò Università Roma Tre, Dipartimento di Scienze della Formazione

DOI:

https://doi.org/10.17421/2498-9746-05-13

Parole chiave:

filosofia della gravidanza, corporeità in gravidanza, carnalità, identità corporea, violenza sulle donne

Abstract

La progressiva medicalizzazione della gravidanza, nonché il ricorso alle varie forme di procreazione medicalmente assistita, hanno permesso di codificare quella che un tempo era considerata la misteriosa simbolicità della gestazione umana, trascrivendola in accadimento del corpo della durata fisiologica di nove mesi, processo biologico osservabile e clinicamente controllabile.

Se tale avvenimento ha inevitabilmente aperto la strada a possibilità un tempo impensate, permettendo di realizzare maternità desessualizzate, tardive e surrogate, esso ha nondimeno contribuito non solo alla riduzione, ma anche, come già riconosceva Young negli anni Ottanta, all’alienazione della specifica e incarnata complessità dell’esperienza procreativa. Il risultato è che nuove forme di violenza e sfruttamento, declinate all’insegna dell’usabilità, minacciano la felice riuscita dell’umano venire al mondo.

Scopo del presente contributo è, pertanto, ridare voce alla carnalità in gravidanza, colta nella sua contraddittoria “unità duale” e nella sua “anatomicità soggettiva”, al fine di mostrare, come sostiene Henry, che il corpo umano, in quanto vivente, è un modo della vita dell’ego, è un Io, attivo nei suoi cambiamenti materiali e non puro sostrato inerte, e di tracciare, successivamente, le linee di un’ermeneutica della procreazione.

L’urgenza di tale riflessione sembra essere giustificata dalla gravità della posta in gioco, se, come riconosce Kristeva, ne va dell’“essere” umano che stiamo generando e consegnando al futuro.

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Pubblicato

2021-05-04

Fascicolo

Sezione

Natura umana, anima e corpo. Convergenza di prospettive