L’analogia fra il diritto secolare e quello canonico
DOI:
https://doi.org/10.17421/2498-9746-05-39Parole chiave:
analogia, univocità, proporzionalità, giuridicitàAbstract
La questione che affronto è se il concetto di diritto, applicato all’ambito secolare e a quello ecclesiale, è univoco o analogico e di che tipo di analogia si tratterebbe. Il Vaticano II ha promosso una maggiore attenzione nei confronti della specificità del diritto canonico, ancorandolo nel mistero della Chiesa (cfr. OT 16) e superando così la precedente prospettiva filosofico-sociologica della Chiesa quale «societas perfecta», che portava a fondare il diritto sulla base del principio «ubi societas ibi ius». Non sorprende quindi che dopo il Concilio diversi canonisti abbiano parlato di analogia fra i due diritti, senza però approfondire il tema e usando a volte espressioni poco chiare, come quella di «diritto analogico». La questione non è semplice anzitutto per la mancanza di una precisa definizione del concetto di «diritto». Secondo infatti come esso viene definito, se ne dedurrà una predicazione univoca o analogica. Nel primo caso, «diritto» costituirebbe un genere nel quale si distinguono due specie (diritto secolare e canonico) sulla base di differenze specifiche. Nel secondo caso, il termine generale «diritto» si applicherebbe ai due ambiti (secolare ed ecclesiale) acquistando però differenze essenziali, in modo che sia doveroso parlare di analogia. L’ipotesi che propongo è che si tratti di una analogia di proporzionalità intrinseca, nella quale la «giuridicità» costituisce la ratio che è propria (o intrinseca) ai due diritti.